domenica 20 dicembre 2009

Da Wegener A Wilson: Dalla Deriva Dei Continenti Alla Tettonica A Zolle

wilson_1992Cari lettori, oggi è giorno di segnalazioni! Dopo Paraponzio del post precedente, ecco per voi un ottimo articolo da scienzeedintorni, il blog di Aldo Piombino, che ringrazio della gentile concessione.

"La geologia è matura per una rivoluzione scientifica e la sua situazione attuale è simile a quella dell'astronomia prima di Copernico e Galileo, della chimica prima degli atomi e delle molecole, della biologia prima di Darwin, della fisica prima della meccanica quantistica: prima di ogni rivoluzione non c'è niente che quadri e le risposte arriveranno quando si comprenderà che si deve lasciar perdere l'intera intelaiatura di riferimento e cercarne un'altra.
Gli studiosi di geologia hanno cercato di adattare la storia terrestre, che è sempre stata mobile, all'intelaiatura di un modello rigido e immobile di continenti e non è sorprendente che fosse impossibile rispondere alle questioni maggiori. Non sono i nostri metodi e nemmeno le nostre osservazioni sbagliate, ma l'intero nostro modo di pensare.
"
Ognuna di queste rivoluzioni proietta la sua ombra molto innanzi a a sé. Gli astronomi greci presagirono Copernico duemila anni prima, Darwin prese dal nonno l'idea dell'evoluzione. Non ci sorprende che le idee di Wegener e di Holmes fossero presenti senza venire accettate. John Tuzo Wilson, Berkeley 1963.

Prima dell'avvento della tettonica a zolle crostali (come è stata successivamente chiamata la deriva dei continenti il momento che i geologi hanno voluto focalizzare l'attenzione sul fatto che i continenti erano solo degli spettaori passivi del fenomeno) c'erano delle idee sull'origine delle catene montuose, sui vulcani, sui terremoti, sulla distribuzione delle fasce metamorfiche. Ma erano poco convincenti e soprattutto non riuscivano a mettere in correlazione tutti questi fenomeni.

Per questa rivoluzione ci sono voluti 50 anni esatti , da quando nel 1913 Alfred gondwana wegener1Wegener (1880 – 1830) pubblicò “La formazione dei continenti e degli oceani”. Il meteorologo tedesco è più noto per i suoi studi geologici che per quelli meteorologici. Infatti è colui che per primo ha teorizzato in maniera organica la deriva dei continenti.
Prima di lui già Francis Bacon aveva supposto che Africa e Sudamerica fossero una volta unite e probabilmente anche altri lo avranno fatto.

Wegener è andato oltre, studiando con attenzione alcune caratteristiche geologiche e facendone dei punti di forza della sua teoria. Per prima la geologia intorno all'Atlantico, dove evidenziò le significative analogie fra le sue  sponde settentrionali, a partire dalla faglia di Cabot in Canada che appare proprio la continuazione della Great Glen Fault (quella del Loch Ness), finendo con le linee degli orogeni ercinici e caledoniani. Una seconda eccellente osservazione la fece riunendo i continenti meridionali e dimostrando come a questo modo diventava più spiegabile la distribuzione delle tilliti della glaciazione permo – carbonifera del Gondwana, anche in rapporto alle zone calde in cui si deponevano gli strati che hanno portato alla formazione dei depositi più noti di carbone.

Non tutti sanno che prima di Wegener anche un geologo americano, Frank B.Taylor (1860 – 1938), aveva pensato che i continenti fossero in movimento. Ma anche in questo caso il problema è il meccanismo: Taylor propose che i continenti si muovessero verso l'equatore perchè nel terziario la Terra avrebbe catturato la Luna. Taylor non riuscì a spiegare però perchè ci sono tracce evidenti di formazione di catene montuose ben prima del terziario.

derivacontinenti-2Verso la fine degli anni 20 altri scienziati cominciarono a pensare al mantello terrestre come la causa dei movimenti dei continenti e dello scatenarsi dei cicli orogenici. Fra loro si distinsero in particolare l'irlandese John Joly (1857 – 1933), il britannico Arthur Holmes
David T. Griggs
(1890 – 1965) e l'americano 1911 – 1974). Joly (immagine a sinistra) ipotizzò dei cicli di riscaldamento dovuti al calore generato dalla radioattività, supponendo  che questi cicli influenzassero la dinamica della crosta. Holmes andò avanti su questa strada e fu il primo a parlare di correnti convettive nel mantello terrestre.

Purtroppo Wegener fallì in un punto focale: la rmancanza di un convinecente meccanismo per questi movimenti. Quindi dopo la sua morte, avvenuta in Groenlandia durante l'ennesima spedizione in quella terra di cui è stato uno dei primi fondamentali descrittori, il dibattito fra fissisti e derivisti si è fermato, nonostante che la deriva dei continenti avesse un autorevolissimo sostenitore come Arthur Holmes (il cui libro, Principles of physical Geology detto anche semplicemente “l'Holmes” è stato una Bibbia per molte generazioni di studenti).

In un congresso tenuto a New York nel 1928 ci fu una prima ricapitolazione della situazione. E le cose andarono male per Wegener e soci, anche se le conclusioni del presidente, l'olandese Willelm Van Watershoot (1873 – 1943) lasciarono qualche speranza: la deriva dei continenti era sicuramente più fondata di quella dei ponti continentali per spiegare la distrubuzione delle faune e delle flore del passato, ma fino a quel momento non era stato trovato un meccanismo plausibile per spiegarla, anche se c'è la possibilità di trovarne uno in futuro. Mai parole furono più profetiche!

Con la morte di Wegener e nonostante l'influenza di Holmes e la fissazione teorica delle correnti di convezione nel mantello che nel 1939 presentò Griggs, la deriva dei continenti andò in naftalina, appena citata dai testi universitari come una curiosità .
Le uniche voci fuori dal coro, guarda caso, provenivano da geologi dell'emisfero australe: per loro la distribuzione delle tilliti permocarbonifere, la geologia di Sudafrica e Sudamerica e altre caratteristiche del paleozoico delle loro regioni erano più spiegabili così che con la fissità dei continenti, per la quale la distribuzione di carbone (fasce tropicali) e tilliti (zone polari) è veramente un rompicapo. Però il problema, al solito, era trovare un meccanismo adeguato.

Proprio un sudafricano, Alexander Du Toit (1878 – 1948), scrisse nel 1937 un libro che derivacontinenti-3dedicò a Wegener: “Our wandering continents” . Era stato  dimostrato proprio da Wegener stesso -  studiando il sollevamento postglaciale della Scandinavia - che il mantello terrestre avesse una discreta plasticità,  Du Toit propose una ipotesi sul movimento dei continenti tutta centrata sulla gravità e sulla deformazione lungo le coste dei continenti in quelle che all'epoca si chiamavano “geosinclinali”: per l'accumulo di sedimenti la geosinclinale sprofonda lentamente nel mantello plastico e questo “richiama” la crosta continentale verso la geosinclinale stessa, crosta che però essendo più rigida, si può spezzare, innescano la risalita dei magmi degli archi magmatici.

Comunque anche i geologi avevano difficoltà a capire la sovrapposizione delle varie unità che compongono le catene orogeniche: già negli anni 20 Steinmann aveva dimostrato che i basalti dell'Appennino non potevano essersi formate dov'erano, in quanto sotto di loro non c'erano tracce dei condotti di alimentazione di questi magmi.
Per spiegare la formazione delle catene a falde il concetto di geosinclinale fu ampliato e complicato ma senza riuscire a fornire un meccanismo plausibile, pensando anche in questo caso che movimenti gravitativi fossero la causa della sovrapposizione delle falde alloctone (“sequenze di eugeosinclinale”) sopra quelle “autoctone” appenniniche (definite di “miogeosinclinale”).

Tutto rimase “fermo” (nel pieno senso della parola!) per un paio di decenni, poi avvenne qualcosa di inaspettato: le ricerche sul magnetismo portarono prima a scoprire le inversioni del campo magnetico, poi che c'era qualcosa che non tornava: per esempio in alcune rocce inglesi del triassico si osservava non solo una direzione che non era quella attuale, ma anche una l'inclinazione più da zone tropicali che boreali. Quindi o si erano mossi i poli o si era mossa l'Inghilterra...

La cosa incoraggiò il cosiddetto “gruppo di Londra” a verificare le cose in altre parti del mondo (qualcuno sostiene che il tutto si deve all'influenza di Holmes, che aveva intuito i possibili sviluppi della scoperta). L'India fu sostanzialmente una conferma: i dati indicavano che la zona di Bombay, ora a 19 gradi di latitudine nord, doveva essere nel Giurassico a 40° sud. Il confronto fa India, Inghilterra e altre zone del pianeta dimostrò che le cose non tornavano lasciando i continenti dove sono adesso e fu un primo colpo contro i fissisti.

Siamo nel 1955, 27 anni dopo il congresso di New York. Nonostante questo altri studiosi continuavano a sostenere che questi dati provavano poco. Alcuni, non so come, continuavano a sostenere che questi dati fossero compatibili con la fissità dei continenti. Altri invece pensavano che il magnetismo terrestre avesse assunto nel passato altre forme. Il dogma dei continenti fissi era ancora più forte dei nuovi dati, ma progressivamente si stava preparndo allo scioglimento, come un iceberg alla deriva verso acque più calde.

Nel 1963 John T. Wilson scrisse su Scientific American il famoso articolo “La deriva dei continenti” in cui fece il famoso parallelo fra l'Oceano Atlantico da una parte  e Golfo di California e Mar Rosso dall'altra, considerati degli atlantici in apertura al di sopra di una zona di risalita di una corrente di convezione nel mantello. Correttamente raffigura le catene del Pacifico centrale come tracce del passaggio della zolla pacifica su un plume di materiale in risalita dal mantello profondo. Altrettanto correttamente le fosse oceaniche sono indicate come le zone dove la corrente convettiva riscende nell'interno del pianeta.
A dimostrazione della pioniericità l'articolo ipotizza nell'Oceano Indiano una dorsale in più che non esiste.

Da allora proprio grazie alla Tettonica a Zolle qualsiasi fenomeno geologico è stato inquadrato e correlato agli altri utilizzando questa intelaiatura, che ha ridisegnato completamente le Scienze della Terra facendole passare dall'infanzia alla maturità. Dopo astronomia, chimica, biologia e fisica, anche la geologia ebbe la sua teoria unificante
.

11 commenti:

  1.  Che bella la Storia, questa storia in particolare, di come uomini lottano per idee, ideali, concetti che cambiano la visione del mondo.
    E allora la memoria storica è parte integrante di una buona civilizzazione.
    Rino.

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  2. Interessante constatare di come a volte gli studi prendano direzioni diverse ed inimmaginabili prima in tutti i settori e  campi della ricerca scientifica. Basta un approccio diverso dettato dall'intuizione di una mente in grado di confutare tutto quello che aveva appreso precedentemente. Cadono grossi pilastri in questo caso ma si aprono orizzonti sconfinati per chi vive di ricerca e di studio con evidenti benefici per l'intera umanità. Grazie prof.

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  3. Mi viene sempre in mente, a proposito di ritardi nel comprendere le intuizioni di grandi uomini, Ignaz Semmelweis e la sua triste e straordinaria storia.
    Un caro saluto
    paopasc

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  4. Paolo, una riflessione puntuale la tua. Ignaz Semmelweis rappresenta uno dei più grandi esempi di pregiudizio nei confronti di un uomo geniale, al quale l'umanità deve moltissimo.

    Salutoni
    annarita

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  5. Dedicato ai ragazzi, ma anche ai grandi. Prima parte.

    La geologia, ottimo argomento, e anche ottima occasione per parlare di una certa geologia che ho sentito dire da un popolo di gnomi, in seguito ad un mio viaggio presso di loro. È una cosa che mi è venuto di fare leggendo un bel libro. Si intitola "Il segreto degli Gnomi", scritto da Rien Poortvliet e Wil Huygen. Questi due scrittori raccontano di un favoloso viaggio nella Lapponia ove incontrano gli gnomi che si dimostrano assai industriosi…
    Tanto industriosi da costruire a modo loro, unità di trivellazione per scavare gallerie, compressore d'aria, montacarichi, trapanatrici, macchina per allargare gallerie e diverse altre cose meravigliose. Tutto questo è scritto nel bel libro suddetto che raccomando di leggere perché è ricco di bei disegni tutti da ammirare.
    In quanto al mio viaggio presso gli gnomi conto di parlare ora di interessanti loro concezioni sulla geologia concepite da loro. State a sentire.

    Innanzitutto anche gli gnomi sono della stessa opinione degli scienziati che studiano le cose della Geologia e quindi del nostro pianeta Terra, chiamato Gaia. Entrambi convengono che essa è come un essere vivente, al pari degli uomini, animali, insetti e vegetali dei vegetali. E così viene ipotizzato anche dagli gnomi che questa nostra Terra funzioni a sistemi gerarchici paralleli.

    Secondo loro, e come sostiene Nile Eldredge, paleontologo dell'American Museum, su un piano ci sono i geni, le popolazioni e le specie, che formano gli ordini, poi le famiglie e le classi di animali vegetali, sull'altro piano troviamo gli «avatara», neologismo per indicare gli organismi di una specie considerandoli non in base alla loro forma ed ai loro geni, ma per il ruolo che hanno come "produttori" e "consumatori" di un ecosistema locale inserito in uno regionale, che a sua volta fa parte di quell'ecosistema globale che a molti piace chiamare Gaia.

    I sistemi garantiscono la stabilità di Gaia ed il suo funzionamento. Insomma, sulla Terra i grandi giochi verrebbero svolti da sistemi superiori, anziché da singole specie e geni. Naturalmente gli uomini, per il momento (aspettando che cambino mentalità), vengono catalogati come "geni egoisti" perché distruttori della biodiversità.

    Ora in tema di Geologia, gli gnomi (quelli scienziati, naturalmente) ritengono la corrispondente sfera di Gaia, fatta di rocce, terra acqua ed atmosfera, come assomigliante ad una grande macchina in azione. Essi sostengono una intima relazione fra questa seconda Gaia con quella degli ecosistemi terrestri suddetti. E qui comincia il resoconto della teoria sulla seconda Gaia da parte degli gnomi.

    Stimando l'attività degli argomentati ecosistemi terrestri come un certo peculiare plasma vitale "decodificato", naturalmente, assimilabile ad un corrispondente sistema di forze – mettiamo – elettromagnetiche indotte, nulla vieta gli gnomi di considerare Gaia in questione, fatta di rocce ed altro, simile ad un nucleo ferroso in cui si generano per conseguenza forze magnetiche, con analoghe leggi comportamentali elettrofisiche.

    È questo il punto di partenza in base al quale emergono certe ipotesi che spiegherebbero la tematica della genesi della litosfera terrestre: la formazione della «tettonica a placche», delle «faglie» e della «stratificazione delle rocce». Non solo, ma così ragionando, gli gnomi sono pervenuti anche alla ragione della predominanza dei materiali silicei della crosta terrestre.
    Si parte dal fatto che la sfera terrestre sia stata ipotizzata dagli gnomi, al pari degli scienziati terrestri, come un'ideale «geodinamo» in virtù del suo campo magnetico prevalentemente dipolare e del suo generarsi di correnti elettriche facenti capo al nucleo interno emettitore di radioattività residua...

    Seguito con la seconda parte.

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  6. Seconda parte.

    Questa è un'ipotesi accreditata insieme ad altre dai nostri scienziati e dagli gnomi, ma se così fosse, se non altro per la ragione certa del geomagnetismo, devono evidenziarsi in modo chiaro le connotazioni all'insegna di una moderna macchina elettromagnetica. Perciò la Terra geo-magneto-elettrica, così inquadrata, deve assolutamente obbedire alle stessi leggi su cui si basa la macchina elettromagnetica di paragone suddetta, visto anche che la Terra, nel contesto del sistema solare, ha sempre funzionato come un meraviglioso orologio. Allora ecco l'ipotesi sostenuta a riguardo dagli gnomi.

    Nel campo delle macchine elettromagnetiche (per esempio un trasformatore di corrente elettrica) la struttura del nucleo, intorno al quale è applicato l'avvolgimento di spire di filo di rame attraverso cui passa la corrente elettrica, va incontro a dannosi effetti dovuti ai fenomeni «d'isteresi» e delle «correnti parassite» o «di Foucault», che si traducono in dissipazione di calore. L'inconveniente dell'«isteresi» è affrontato con l'adozione di materiali al silicio e meglio ancora di materiali a cristalli orientati.

    L'inconveniente delle «correnti di Foucault» si risolve con la realizzazione del nucleo riunendo lamierini sottili dei suddetti materiali. La disposizione relativa è secondo le linee di forza del campo magnetico e, poi, per evitare le continuità metallica i lamierini sono trattati con vernici appropriate.
    Ritornando alla sfera terrestre, gli gnomi la immaginano di conseguenza come un certo rotore di un motore elettrico, immerso in un plasma elettromagnetico circostante generato dal sistema satellitare solare, che funge da statore. Ma questo meccanismo può anche essere considerato inverso, visto che è il tutto è costretto a ruotare intorno al sole.

    Di qui sorge la necessità di «lamellare» la crosta terrestre secondo linee di forza del campo magnetico locale, attraverso la stratificazione, la tettonica a placche e la successiva scomposizione locale delle rocce tra faglia e faglia. Gli gnomi da questo arguiscono che le dorsali e faglie si siano determinate come innesco, dagli effetti delle citate «correnti di Foucault», secondo certe linee preferenziali riferite alle analoghe di declinazione magnetiche (isogone) preistoriche ora scomparse, e a quelle attuali di cui si dispongono le relative carte.

    L'operazione di sconnessione vera e propria è da attribuirsi ai moti convettivi interni del calore originati dalla radioattività del nucleo centrale. Nulla da eccepire sulla coincidenza della costituzione del materiale al silicio della crosta terrestre per fronteggiare il fenomeno elettrofisico «isteresi», precedentemente accennato.

    Di altro c'è da ipotizzare che i deserti sabbiosi costituiscano un ulteriore evolversi incredibile, per fronteggiare la necessità di dissipare il calore delle eccessive «correnti di Foucault» locali, tali da innescare moti eolici e sfaldare così la roccia originale fino alla minima granulazione. Di qui un ipotizzabile ulteriore perfezionismo, perché si tratta di piccoli cristalli di quarzo per un meraviglioso guadagno dissipativo.
    Se così non fosse in generale, i terremoti ed altre calamità naturali sarebbero all'ordine di tempi molto ristretti, cosa che avveniva con frequenza nei tempi preistorici a causa di un'infelice rigidità e compattezza della crosta terrestre.

    Naturalmente tutto ciò che vi ho riportato degli gnomi è frutto di fantasia, come del resto lo sono essi stessi.

    Comunque gli auguri di buone festività che essi ora vi porgono insieme ai miei, sono veritieri.
    Gaetano

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  7. Fai bene a "pescare" da Aldo Piombino: è un grande. Questo articolo meritava maggiore diffusione e bene fai a metterlo in evidenza. Intanto ti invio tanti auguroni e un bacione: smack!
    Popinga

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  8. Buon natale e felice anno nuovo da michael 1b per prof ruberto

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  9. bello ma ci sono cose che non abbiamo ancora fatto ma presto le faremo grazie a lei e gli auguro una buonapasqua da parte di tutta la classe

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    Risposte
    1. Sì, Leo. Tratteremo altri argomenti sulla tettonica a zolle. Ricambio l'augurio di Buona Pasqua.

      A presto!

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