giovedì 29 agosto 2013

Malattia Di Alzheimer E Ciclo Cellulare

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"Malattia Di Alzheimer E Ciclo Cellulare" è un contributo di Francesca Cortini, che illustra il contenuto della sua ricerca (condotta insieme ad altri ricercatori), dal titolo “Cell-dependent kinase inhibitor 2A and 2B variability in patients with Alzheimer’s disease”.

Francesca è una giovane biologa molecolare presso il Policlinico di Milano. Fino al 2011 ha lavorato sulla genetica delle malattie neurodegenerative in particolare Alzheimer e Demenza Lobare Frontotemporale; dal 2012, ha iniziato, sempre al Policlinico di Milano, un nuovo progetto di ricerca sulla genetica delle malattie rare, in particolare si occupa della sindrome di Ehlers-Danlos. Questo ultimo progetto sta dando buone soddisfazioni alla nostra amica, che comunque aspirerebbe a fare il grande salto e provare ad iniziare una nuova attività di ricerca in una realtà diversa dall'Ospedale.

Sicuramente un lavoro molto impegnativo e di grande utilità per la salute quello di Francesca Cortini, alla quale rivolgiamo un grosso in bocca al lupo per il perseguimento dei suoi obiettivi.



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Malattia Di Alzheimer E Ciclo Cellulare
Di 
Francesca Cortini


La malattia di Alzheimer (AD) è una patologia neurodegenerativa eterogenea con progressione irreversibile, che colpisce le cellule del sistema nervoso centrale le quali, progressivamente, muoiono. In primo luogo l’Alzheimer colpisce la memoria e poi altre funzioni cognitive quali il parlare e il pensare; inoltre, altera le normali funzioni di una persona e comporta spesso cambiamenti di umore e disorientamento spazio temporale. 
La patologia dell’AD è caratterizzata da due chiari elementi: i grovigli neurofibrillari e le placche senili, formate rispettivamente da depositi della proteina TAU e della β-amiloide

Un’ipotesi molto considerata nella comunità scientifica per spiegare la patologia dell’AD è quella di un mal funzionamento del ciclo cellulare
È comunemente noto che i neuroni di un cervello normale rimangano per tutta la vita in fase di quiescienza (G0), perciò sono fuori dal ciclo cellulare. Invece, per motivi ancora non noti, nel cervello, di un individuo affetto da AD, i neuroni ri-entrano nel ciclo cellulare ma, non avendo i meccanismi tali per regolarlo, degenerano provocando quello stato di degenerazione a tutti noto (fig.1).



Fig1. G1, S, M sono le fasi caratteristiche del ciclo cellulare. I neuroni rimangono nella fase di quiescenza G0. Per cause non note i neuroni malati ri-iniziano il ciclo cellulare ma non riescono a portarlo a termine causando neurodegenerazione.  

Questa è stata l’ipotesi alla base del mio lavoro, pubblicato su Journal of Neurology nel 2011, dal titolo: “Cell-dependent kinase inhibitor 2A and 2B variability in patients with Alzheimer’s disease”. Lo studio consiste in un approccio genetico che confronta due popolazioni diverse di individui, reclutate presso l’ospedale dove ho lavorato. Le due popolazioni erano formate da: soggetti affetti da malattia di Alzheimer e soggetti definiti controllo poiché, non erano portatori di alcun tipo di patologie, di età uguale ai soggetti trattati. 

Le informazioni raccolte in letteratura suggeriscono che vi è un’evidente accumulo di cicline e dei loro inibitori nei neuroni di cellule malate [Arendt T et al, 1996]. Inoltre, due studi genetici [Hamshere MI et al, 2007; Zuchner S et al, 2008] identificano una regione di associazione sul braccio corto del cromosoma 9. Infatti, in questa zona, sono presenti due inibitori delle cicline che regolano la prima fase (G1) del ciclo cellulare, CDKN2A e CDKN2B
Date tali premesse, è stato deciso di valutare le proprietà di questi inibitori sulle nostre popolazioni di soggetti formate da 241 pazienti AD e 238 controlli. Mediante real time PCR (fig 2), sono state valutate tre varianti polimorfiche definite come tagging SNPs che risultano rappresentative di una intera regione genomica (fig 3).


Fig2. Real time PCR o PCR quantitativa, questo metodo consente, tramite l’utilizzo di sonde a fluorescenza, di valutare le frequenze alleliche e genotipiche dei polimorfismi in studio nella popolazione di soggetti presa in esame.
Fig3. Tagging SNPs varianti polimorifiche capaci di rappresentare una determinata regione genomica

Lo studio ha dimostrato che queste varianti non sono statisticamente significative né in base all’età né in base al sesso. Si conferma però, la significatività dell’isoforma ApoE4 che risulta essere fattore di rischio per l’insorgenza dell’AD. Infatti, la frequenza allelica di APOE4 dei pazienti risultava essere più alta rispetto a quella dei controlli (42,7% vs 17,6%).
Dati i risultati ottenuti, CDKN2A e CDKN2B non sono fattori di rischio per l’insorgenza della malattia di Alzheimer, ma non si può escludere che altri geni codificanti per il ciclo cellulare quali quelli per le cicline potranno essere considerati fattori di rischio per l’insorgenza della malattia di Alzheimer.

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NOTA: Tutti i link sono stati inseriti da me.

5 commenti:

  1. Una patologia questa che spaventa un po tutti e sapere che la scienza la studia ci da speranza.
    Auguriamo alla biologa Francesca Cortini di riuscire nella sua ricerca.

    Annerita cara, grazie!

    Un saluto ne con abbraccio.

    Ciao!

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    Risposte
    1. Sì, Rosaria! L'Alzheimer è una malattia degenerativa devastante. La ricerca è fondamentale! Auguriamo a Francesca e a tutti i ricercatori di perseguire i loro obiettivi, perché danno speranza a tanti malati.

      Ricambio il salutone e l'abbraccio.

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  2. E' un dramma per i malati ma anche pre le famiglie che devono assisterli. Fondamentale la ricerca ma necessario anche potersi rivolgersi a strutture sociali che aiutino professionalmente i cittadini in questa difficile condizione. Un caro saluto, Fabio

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    Risposte
    1. Hai perfettamente ragione, Fabio. Qui si parla di ricerca, che è insostituibile, però occorrono anche strutture sociali che accolgano e orientino i cittadini.

      Un caro saluto a te.
      Ci sentiamo presto sul tuo blog.
      Annarita

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  3. I pazienti di Alzheimer perdono la loro identità: è un male devastante. Auguriamoci che la ricerca trovi l'antidoto giusto per migliorare la qualità della vita dei malati e come dice Fabio, un aiuto va anche alle famiglie che vivono il dramma dell'assistenza.

    Un articolo molto interessante.
    Buona giornata, cara Annarita.
    Un abbraccio

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