domenica 26 giugno 2016

Il (non) Carnevale della Fisica #15




Benvenuti a tutti!
Eccoci qui- dopo un discreto lasso di tempo, per quanto mi riguarda- con una nuova puntata del (non) Carnevale della Fisica, l'unico (non) Carnevale scientifico al mondo...che di scientifico ha però tutto e di più!
La puntata odierna è la n. 15 per la precisione ma, prima di dare inizio alla segnalazione degli articoli che ho selezionato, non posso non ricordare brevemente che il 2015 è stato un anno particolarmente fruttuoso per l'Astrofisica, grazie all'epocale scoperta delle onde gravitazionali!
Sì lo so che Gianluigi ha dedicato alle onde epocali l'edizione n. 13 del (non) carnevale, ma nel frattempo è intervenuta una ghiotta novità. 

Udite, Udite!

La collaborazione LIGO/VIRGO, dopo l'evento LIGO del 14 settembre 2015, ha addirittura fatto il bis il 26 dicembre successivo con la rilevazione di un secondo segnale prodotto dalle onde gravitazionali, generate dalla coalescenza di due buchi neri di massa stellare. L'evento registrato dai due interferometri è stato chiamato GW151226, in base alla data del rilevamento ovviamente.
Il team ha calcolato che i due buchi neri, con masse di circa 14 e 8 volte quella solare, si trovavano a 1,4 miliardi anni luce di distanza. Tali masse sono vicine ai valori tipici desunti dalle osservazioni convenzionali di buchi neri orbitanti attorno a stelle normali, mentre i responsabili del primo evento LIGO erano molto più grandi, con 29 e 36 masse solari. I risultati relativi al secondo evento sono stati pubblicati sulla rivista Physical Review Letters il 15 giugno scorso.

Diversamente dal primo rilevamento, il nuovo evento “did not leap out of the data,” afferma Sarah Caudill, un membro del LIGO team. L'evento è risultato evidente soltanto dopo aver filtrato ed analizzato i dati con estrema accuratezza. Il team di LIGO ha lavorato su tale analisi in partnership con l'European Virgo Collaboration, associata con Virgol'interferometro che si trova vicino Pisa.
Forse l'aspetto più importante di questi nuovi risultati è che l'onda gravitazionale misurata è del tutto coerente con le previsioni della relatività generale per forti campi gravitazionali. Le previsioni della teoria non erano state testate direttamente prima dei due eventi LIGO. La teoria supera, quindi, questo severo test per la seconda volta. Insomma, Einstein starà probabilmente gongolando da qualche parte, o almeno così mi piace pensare che sia.

Fonte dell'immagine
A proposito di Einstein, apro la rassegna dei link con un mio articolo, dedicato alla costante cosmologica, inventata dal celebre Albert:
"Nel 1917 Einstein pubblicò un articolo in cui applicava questa teoria a tutta la materia presente nello spazio. La sua teoria portava alla conclusione che tutta la massa contenuta nell'universo avrebbe piegato lo spazio al punto da collassare, infine, in un unico denso blob.
Perciò, Einstein decise di aggiungere un "fattore di correzione", con funzione di "anti-gravità", per impedire all'universo di collassare. Egli chiamò costante cosmologica tale elementodescritto da un termine supplementare inserito nell'equazione matematica che rappresenta la sua teoria della gravità. 
In altre parole, per Einstein l'universo dovrebbe essere statico e immutabile, in accordo con la concezione che avevano gli astronomi nel 1917 riguardo all'universo."
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Proseguiamo con un articolo di Gianluigi Filippelli, in cui (manco a farlo apposta) Tuono Pettinato racconta Albert Einstein:  
"La storia è estremamente breve, ma molto efficace: in 8 pagine, aiutato dalle versioni fumettistiche di Amedeo Balbi e Carlo Rovelli, Pettinato racconta in maniera gradevole e fisicamente ben argomentata la vita e le opere di Einstein, con una struttura e un umorismo che ricordano le biografie che mensilmente propone per linusEsempio lampante dei toni leggeri e ironici è proprio la prima pagina con l'appena accennato "litigio" tra Amedeo e Rovelli che si conclude con questa gustosa striscia": 

Non dovete pensare che mi sia rimbambita dato che questo articolo è stato già citato nell'edizione n. 13 dedicata alla scoperta delle onde gravitazionali. La ragione è che ho dovuto rispondere ad una specifica esigenza...Non aggiungo altro però.

Comunque, per non fare un torto a Gianluigi, segnalo un suo secondo articolo sui rompicapi di Alice ed il moto perpetuo:
Al pari della ricerca sulla pietra filosofale, il misterioso materiale alchemico che dovrebbe permettere la trasmutazione degli elementi, in particolare dei metalli vili nel prezioso oro, c'è la ricerca di uno strumento in grado di generare il moto perpetuo, ovvero un ingranaggio in grado di muoversi in maniera indefinita senza alcuna necessità di alimentazione dall'esterno.Come vedremo questa ricerca ha ben più di un migliaio di anni e continua ancora oggi, tra persone che genuinamente (e un po' ingenuamente, verrebbe da aggiungere) cercano di ottenere quello che sarebbe un salto tecnologico non indifferente e truffatori veri e propri. Il modo migliore per affrontare tutti questi è ricordare ciò che disse Richard Feynman ad alcuni studenti che lo invitavano a una dimostrazione per un motore a moto se non perpetuo ma piuttosto lungo: 
Dovete chiedervi: 'Dove si trova il rifornimento di energia?'

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Rimanendo in tema di Astrofisica, è la volta di un articolo firmato da Redazione Media Inaf che ci racconta come si formano le galassie ellittiche. Uno studio, guidato da Claudia Mancuso della SISSA di Trieste, pubblicato il 31 maggio 2016 su The Astrophysical Journal, suggerisce che le grandi galassie ellittiche si sono formate in tempi remoti per processi di genesi stellare locale e non con meccanismi di aggregazione fra galassie a spirale, come ipotizzato dalla teoria prevalente:
"Con un approccio “intuitivo”, uno studio a guida SISSA conferma un’ipotesi recente sulla formazione delle galassie, secondo la quale le ellittiche più grandi si sono formate in tempi molto antichi per processi di genesi stellare locale (in situ) e non con meccanismi di aggregazione fra galassie a spirale, come vuole il paradigma attuale, fonte di incongruenze teoriche eppure generalmente accettato dalla maggioranza della comunità scientifica. 
Lo studio supporta l’ipotesi in situ, già proposta attraverso modelli teorici, basandosi sulla sola analisi e interpolazione di nuovi dati raccolti dallo strumento Herschel (nell’infrarosso) integrati con i dati di Hubble (nell’ultravioletto), un metodo tanto innovativo quanto semplice."
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Ancora Astrofisica con Sandro Ciarlariello che affronta, sul suo Quantizzandola costante di Hubble e la misura delle distanze delle galassie:
"La costante di Hubble rappresenta un parametro fondamentale nelle teorie cosmologiche. Detto in soldoni, il suo valore ci racconta qualcosa riguardo il modo in cui l'universo si espande. Ora, se qualcuno vi dice una cosa del genere, subito scatta la cosa di andare a sporcarsi le mani e provare a misurare la costante di Hubble (che viene indicata con H_0 in astrofisica). Ottimo, vediamo dunque come si fa."

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Dal blog di Marco Delmastro

Da Quantizzando ai Borborigmi di Marco Delmastro il salto non è poi così arduo. Quindi, pensato e fatto (il salto) per andare a spulciare alla fonte e devo dire che Marco non delude mai! Questa volta, il nostro amico ci regala uno spiegone su che cos'è un femtobarn (inverso), ripescando un suo vecchio articolo del 2009:

"Supponiamo siate un fisico delle particelle, un fisico sperimentale, per essere precisi. Supponiamo che lavoriate a un esperimento che sta seduto su un acceleratore; un collisore, per essere precisi, come Tevatron, o LHC. Supponiamo siate interessati alla ricerca di una qualche particella esotica, uno dei mattoncini mancanti della vostra teoria preferita; il bosone di Higgs del Modello Standard, tanto per fare un esempio a caso. Come fate a sapere quante di queste particelle esotiche di cui siete alla ricerca - se esistono - vengono prodotte nelle collisioni gentilmente offerte dal vostro acceleratore?"
Se volete soddisfare la vostra curiosità, seguite il link del vecchio articolo su menzionato.

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Il segnale Wow!. Da Wikipedia
Parliamo adesso di segnali, ma non di segnali qualsiasi neh! Ricordate il segnale Wow!? Ne avevo parlato un po' di anni fa in questo articolo. Sì, insomma, Il segnale Wow! arrivò dallo spazio al radiotelescopio Big Ear (grande orecchio) dell’Ohio State University alle 23:16 EDT(Eastern Daylighit Time), nella notte del 15 Agosto 1977. Big Ear in realtà si chiamava Ohio State University Radio Observatory ed era situato sulla base del Perkins Observatory; l’Ossevatorio era parte integrante  del Progetto SETI dell’Ohio State University. Dal 1973 al 1995, Grande Orecchio fu utilizzato per la ricerca di segnali radio di origine extraterrestre. 
Sabrina Masiero ci presenta sul suo TUTTIDENTRO una nuova ipotesi riguardo alla possibile origine di questo misterioso segnale:

"Da quando il programma SETI per primo iniziò a cercare segnali radio provenienti da una possibile forma di vita aliena alcuni decenni fa, ci sono stati dei falsi allarmi, ma anche delle tracce di fugaci segnali di un certo interesse che sono scomparsi così velocemente come erano apparsi. Se un segnale potenziale non si ripete in modo da non poter più essere osservato, allora è praticamente impossibile determinare se è di origine cosmica o meno. Un tale segnale, in particolare, che fu in grado di catturare l’interesse dei ricercatori astronomi si ebbe il 15 agosto 1977. Il famoso “Wow! Signale, o segnale wow, fu rilevato dal Radio Telescopio Big Ear dell’Ohio State University, pari a più di trenta volte più forte del rumore di fondo ma durò solamente 72 secondi e non fu più udito nonostante ripetute ricerche compiute successivamente.

Antonio Paris, professore di Astronomia al St Petersburg College in Florida ora fa l’ipotesi che il tale segnale possa essere legato al passaggio di una o più comete e non ad un possibile messaggio da una civiltà aliena. Le comete candidate sarebbero la 266P/Christensen e la /2008 Y2 (Gibbs)."

Beh sicuramente un'ipotesi interessante ed indubbiamente più pragmatica, ma forse meno intrigante.

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Fonte dell'immagine
I misteri hanno sempre esercitato un fascino irresistibile sulla scrivente, perciò mi sono lasciata facilmente e volentieri attrarre dal mistero dei barioni mancanti trattato da Umberto Genovese su Il Poliedrico:

"Nel 1933 l’astrofisico svizzero Fritz Zwicky, del California Institute of Technology, applicò un metodo di indagine chiamato teorema del viriale all’ammasso di galassie della  Chioma e ottenne le prime prove dell’esistenza di una importante discrepanza tra la materia visibile e la massa misurata dell’ammasso.
Zwicky stimò che la massa totale dell’ammasso, basata sui moti delle galassie vicino al suo bordo rispetto ad una stima in base al numero totale delle galassie dell’insieme, era circa 400 volte più alta.
La gravità stimata delle galassie visibili nell'ammasso sarebbe stata troppo piccola per giustificare la velocità di queste e, quando ulteriori osservazioni confermarono in seguito i risultati di Zwicky, per i cosmologi si pose seriamente il “problema della massa mancante”.
Infatti a questo punto, se si voleva mantenere intatto il concetto dell’inverso del quadrato della distanza (1/R^2 dove R è la distanza) che è la base della teoria della gravitazione, nasceva un bel problema scientifico: come giustificare questa differenza? Cos’è questa materia che ha una importante influenza gravitazionale ma che è di fatto invisibile alle analisi ottiche/elettromagnetiche?"

Colgo l'occasione per consigliare la lettura di un libro intrigante: "Il mistero della massa mancante nell’Universo" di Lawrence M. Krauss

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Rimaniamo in tema con l’Universo simulato di Illustris, un articolo di Claudio Elidoro pubblicato su Scienza in Rete:
"Gli strumenti osservativi di cui dispongono gli astronomi hanno loro permesso di farsi un’idea meno vaga dell’Universo che ci circonda. E’ pur vero che, stando agli ultimi risultati che ci ha consegnato il satellite europeo Planck, abbiamo imparato che nel nostro Universo la materia ordinaria – quella di cui siamo composti noi, la Terra e le stelle – non ammonta neppure al 5% del suo contenuto globale, che circa il 27% è costituito dall’enigmatica materia oscura e che la parte rimanente (poco più del 68%) è l’ancora più enigmatica energia oscura. Gli ingredienti dell’Universo, insomma, per la massima parte ancora ci sfuggono, ma questo non significa che gli astronomi brancolino nel buio. Tutt’altro. 
Le osservazioni sempre più profonde hanno permesso di ricostruire la struttura su larga scala dell’Universo visibile, mostrando la presenza di una sorta di ragnatela cosmica: lunghissimi filamenti di materia che collegano le regioni in cui si sono formate le galassie. Secondo alcuni modelli, all’origine di questa struttura vi sarebbe la particolare distribuzione assunta dalla materia oscura nei momenti iniziali dell’evoluzione dell’Universo, una distribuzione che ha vincolato la materia ordinaria a riprodurre un identico andamento."
Ne ho parlato anch'io qui due anni fa. "Illustris Simulation" è la più dettagliata simulazione al computer del nostro Universo, mai eseguita.
La potenza di calcolo traccia l'espansione dell'universo, l'attrazione gravitazionale della materia su se stessa, il moto del gas cosmico, la formazione di stelle e buchi neri. 
Tali componenti e processi fisici sono tutti modellati a partire da condizioni iniziali che assomigliano a quelle dell'universo quando era molto giovane, circa 300 mila anni dopo il Big Bang, e fino ai nostri giorni, per un arco temporale che copre oltre 13.800 milioni anni di evoluzione cosmica.

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Dal blog di Vincenzo Zappalà

In un articolo, pubblicato di recente sul suo blog L'Infinito Teatro del Cosmo, Vincenzo Zappalà, professore ordinario di Astrofisica in pensione, pone un quesito interessante: "Esiste la stabilità?"...con riferimento ovviamente ai sistemi astronomici e non a quelli economici.
Un articolo da non perdere!
"Se facessimo la domanda: “Il Sistema Solare è stabile su tempi scala dell’ordine dei miliardi di anni (anche escludendo gli effetti fisici dell’evoluzione solare)?” i migliori meccanici celesti potrebbero solo rispondere: “Non lo sappiamo con certezza”.
L’utilizzo di giganteschi e potentissimi calcolatori elettronici può permettere di integrare le orbite dei pianeti per decine e -a volte- anche centinaia di milioni di anni. Ma, prima o poi, gli errori iniziali, sebbene piccolissimi, diventano troppo grandi per dare una minima validità ai risultati. Senza dire che su tempi molto lunghi insorgono fenomeni di tipo caotico che potrebbero rendere del tutto inutile qualsiasi previsione.
L’unica soluzione è una visione di tipo statistico in cui le perturbazioni planetarie vengano descritte secondo assunzioni di tipo gerarchico. Insomma, un procedimento che tutto è fuorché semplice."
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Michele Diodati presenta, su MediaMeraviglia, l'istruttiva storia dei pianeti che non erano pianeti ma raggi cosmici: un articolo sulla straordinaria capacità degli astronomi di produrre congetture elaboratissime sulla base di dati osservativi minimi, ma anche di scoprire e ammettere, se necessario, i propri errori. Condivisibili alcune considerazioni finali sul progresso scientifico e i limiti della nostra intuizione. Riporto di seguito l'incipit dell'articolo:
"Galassie e ammassi di galassie hanno fornito negli ultimi anni, grazie alle immagini catturate da Hubble, dimostrazioni spettacolari della capacità della gravità di piegare il percorso della luce, secondo quanto aveva previsto un secolo fa la relatività generale di Einstein. È un fenomeno noto come lente gravitazionale: se una galassia o un ammasso di galassie sufficientemente massicci si frappongono sul cammino della luce che giunge fino a noi da un oggetto distante, la luce proveniente da quell’oggetto è deviata e amplificata in modo da formare immagini multiple, la cui geometria e durata dipendono dalle reciproche posizioni della sorgente (l’oggetto da cui proviene la luce), della lente (l’oggetto massiccio interposto) e dell’osservatore."
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Orbita dell’asteroide 2016 HO3 attorno al Sole e alla Terra.
 Crediti: NASA/JPL-Caltech

Lo sapevate che la Terra ha per compagno un nuovo 'quasi-satellite'? Si chiama 2016 HO3 e si tratta di un piccolo asteroide che, mentre orbita attorno al Sole, ruota anche attorno al nostro pianeta: motivo per cui è stato classificato come quasi-satellite della Terra. Secondo gli astronomi del Center for Near-Earth Object della NASA, è un compagno di viaggio molto più stabile di altri oggetti dello stesso tipo, e probabilmente sarà con noi ancora per molti secoli.
Pierluigi Panunzi ne parla sulle pagine di Astronomia.com
"Si tratta dell’asteroide denominato 2016HO3, che già dal nome sottolinea la freschezza della scoperta, proprio del 2016.
In questo articolo dell’INAF si parla appunto della scoperta di una piccolissima roccetta cosmica con un diametro ancora non ben conosciuto, ma stimato tra i 40 e 100 metri: non km, ma metri, a dimostrazione dell’incredibile potenza dei telescopi odierni, in particolare del Pan-STARSS 1, situato nelle isole Hawaii. Pensando al valore stimato, 100 metri sono un nonnulla rispetto al diametro di 3476 km della nostra vecchia Luna!"
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Crediti: Max Planck Institute for Plasma Physics

La redazione di Scientificamente Diregiovani.it ha pubblicato un articolo informativo sul Progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor): un progetto internazionale che si propone di realizzare un reattore a fusione nucleare di tipo sperimentale, in grado di produrre più energia di quanta il processo ne consumi per l'innesco e il sostentamento della reazione di fusione. ITER è un reattore deuterio-trizio a confinamento magnetico del plasma. Nel confinamento magnetico, il plasma  caldo è racchiuso in una camera a vuoto, e una opportuna configurazione di campi magnetici esterni e/o prodotti da correnti circolanti nel plasma impedisce il contatto con le pareti del recipiente. Nel caso di ITER, il confinamento è ottenuto in un campo magnetico all'interno di una macchina denominata Tokamak La configurazione tipo Tokamak è particolarmente stabile e permette lunghi tempi di confinamento del plasma.

Dall'incipit dell'articolo:
"Il sogno degli scienziati che studiano il Sole e le stelle è quello di riuscire a creare anche sulla Terra il meccanismo di fusione nucleare che le alimenta, all’interno di un reattore da cui poter attingere come fonte infinita di energia sostenibile. Per questo è nato il progetto internazionale Iter. Letteralmente significa ‘via, cammino’: l’acronimo Iter sta per International Thermonuclear Experimental Reactor, vale a dire il più grande esperimento mondiale di produzione di energia elettrica a partire dalla fusione nucleare.
L’idea è quella di sfruttare l’energia rilasciata nelle reazioni di fusione nucleare, in cui nuclei di atomi leggeri- come l’idrogeno-, fondono per dar luogo a nuclei più pesanti, riproducendo il meccanismo fisico che alimenta le stelle. L’idrogeno si trova nell’acqua del mare e viene considerata una risorsa praticamente inesauribile e non inquinante. Di conseguenza l’energia così ricavata sarebbe a basso costo, sicura e green."
Segnalo, sullo stesso tema, anche un ottimo articolo di Michele Diodati.

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A sinistra, uno smartphone-bussola che indica il nord magnetico;
 a destra, il magnetometro del campo magnetico mostra l’intensità
 del campo lungo i tre assi del telefono
.
Da Scientificast.

Sapete come funziona il magnetometro dello smartphone? Ma che razza di domanda, starete pensando! E con ragione, direi! Probabilmente, i più se ne impiperanno del magnetometro, ma altrettanto probabilmente saranno interessati allo smartphone. Ergo, forse vale la pena vedere che cos'è questo magnetometro e come funziona. Ce lo spiega per benino Marco Casolino, fisico e ricercatore di professione, sulle pagine di Scientificast:
"Gli smartphone contengono una serie di rivelatori sensibilissimi che avrebbero fatto impazzire di gioia gli scienziati del passato. Il fatto che siano usati soprattutto per giocarci non ne impedisce usi più scientifici. Il magnetometro dello smartphone è uno di questi strumenti (basato su tecnologia  MEMS, come l’accelerometro di cui avevamo parlato qui) che permette di misurare l’intensità e la direzione dei campi magnetici, con varie App gratuite che visualizzano le tre componenti del campo magnetico e le sue variazioni nel tempo e nello spazio (vedi sotto la nota pizzosa sulla definizione del  campo magnetico).
Ponendo vicino al telefono una calamita è possibile misurare l’intensità del campo magnetico, o più correttamente il vettore induzione magnetica. Ruotando la calamita si può vedere come la direzione e il segno del campo magnetico cambiano di conseguenza. Allontanando la calamita il campo decresce rapidamente, ma non raggiunge mai lo zero."
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Dal blog Popinga

E adesso una bella pagina di storia della Scienza sulla controversia (non l'unica, dato il noto caratterino di Sir Isaac!) tra Isaac Newton e Robert Hooke.
Ce la regala Marco Fulvio Barozzi dal suo Popinga
"In un breve manoscritto non datato, intitolato “La verità sul caso e la controversia tra Sir Isaac Newton e il dottor Robert Hooke sulla priorità di quella nobile ipotesi del moto dei pianeti intorno al Sole come loro centro” (A True state of the Case and Controversy between Sr Isaak Newton and Dr Robert Hooke as the Priority of that Noble Hypothesis of Motion of ye Planets about ye Sun as their Centers), Hooke esponeva la sua ipotesi sulla fisica del moto orbitale e la sua teoria della gravitazione universale. Il memorandum di Hooke, che rimase inedito fino a dopo la sua morte, è assai accurato storicamente, e contraddice le numerose critiche dei suoi contemporanei e degli storici della scienza sul fatto che egli avesse sempre rivendicato per sé più meriti di quanto effettivamente gli competessero."
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Astronomi Arabi del XXVI secolo
Dal blog Storie di Scienza
Un'altra pagina di storia della Scienza...su Storie di Scienza di Giovanni Boaga, che, rifacendosi a quando gli astronomi non avevano il telescopio, ci fa riflettere sul contributo delle antiche osservazioni allo sviluppo della moderna Astronomia: 
"Un luogo comune largamente diffuso è di pensare che tutto ciò che l’Uomo ha compreso sul funzionamento della natura prima del 1600 sia da considerarsi errato o nei migliori casi obsoleto, comunque di interesse esclusivamente storico e archeologico.Un esempio che va in direzione opposta è senz’altro quello dell’astronomia antica, dove per antica si intende tutta quella sviluppata prima del 1609, anno di introduzione del telescopio nello studio sistematico dei fenomeni celesti ad opera di Galileo Galilei. Le preziose osservazioni ad occhio nudo che riguardano eventi straordinari (eclissi, esplosioni di supernovae, passaggio di comete) che ci sono pervenute, le più antiche delle quali sono del VIII sec a.C., risultano particolarmente utili in astrofisica e in geofisica e hanno determinato lo sviluppo di un settore di studi, noto come Astronomia Storica Applicata, che si differenzia dalla consueta Storia dell’Astronomia per l’approccio adottato: qui il fine non è quello di descrivere le conquiste astronomiche dei popoli antichi ma rappresenta un’attività di ricerca che prende in considerazione i dati (scientifici a tutti gli effetti) ricavati dagli antichi astronomi e li utilizza per la comprensione di fenomeni che sono oggetto di studio della moderna Astronomia."
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Su Spaziando, Leopoldo Benacchio racconta- non ci credereste- quando il piombo vale più dell'oro! Non vi resta che leggere per sapere quando può verificarsi tale curiosa situazione:
"Il piombo, si sa, è un metallo che costa proprio poco, ma quello usato da Infn, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è unico e non ha praticamente prezzo, altro che oro !
Nelle viscere del magnifico Gran Sasso d’Italia ci sono gli omonimi Laboratori Nazionali di Infn che particolarmente studiano i neutrini, particella elementare importantissima e ancora un po’ sfuggente. Un nuovo esperimento, Cuore l’acronimo, sta per iniziare la sua vita. Si cercherà di rilevare e studiare un fenomeno raro chiamato “doppio decadimento beta senza emissione di neutrini”, un titolo un po’ buffo che sa di acrobati di valore. Tralasciando le importanti ma complesse tecnicalità possiamo dire che si tratta di vedere se in un ambiente estremamente “puro” questo fenomeno si rivela finalmente. La purezza, determinata dal fatto che nessun altra particella o radiazione interferisce entro il contenitore dell’esperimento, pare sia necessaria per poter sperare di osservare il fenomeno e quindi il tutto viene schermato dal volgare piombo, che è però un perfetto scudo per ogni possibile disturbo. Ecco il grande cilindro che contiene il rivelatore dell’esperimento rivestito di piombo."
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Assemblata da me con materiale reperito in Rete

Può il metodo scientifico avere qualche relazione con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde? Penserete che sia un po' fuori di testa, vero? Immagino perfettamente la vostra espressione mentre state leggendo queste righe. Ma sapete anche che Amedeo Balbi è un astrofisico e ricercatore di professione, quindi mi auguro non pensiate che sia un po' fuori di testa anche lui, dato che ne parla in un lungo articolo su il POST:
"Negli ultimi giorni del 2014 è apparso su Nature un commento dei cosmologi George Ellis e Joe Silk a proposito del metodo scientifico e della sua applicazione agli sviluppi più speculativi della fisica teorica moderna. Ellis e Silk si concentrano soprattutto su due aree di ricerca sulla natura fondamentale della realtà: la teoria delle stringhe e il multiverso.
[...] Questa strategia che Tegmark chiama “Dr. Jekyll/Mr. Hyde” — fare scienza rispettabile nelle situazioni ufficiali, e inseguire la risposta alle domande più bizzare come passatempo — ha dato i suoi frutti, visto che oggi “Mad Max” (il suo soprannome dai tempi del dottorato) ha una posizione al MIT ed è un cosmologo stimato. [...]"
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Il chilogrammo campione conservato a Parigi.
 (Jean Tesseyre/Paris Match via Getty Images)

E adesso da Le Scienze una interessante notizia riguardante l'unità di misura della massa, ovvero il chilogrammo.
Penso sappiate, ma se così non fosse lo saprete subitissimo...praticamente adesso, che dal 1875 ad oggi il chilogrammo è definito come la massa equivalente a quella di un cilindro campione di platino-iridio conservato presso il Bureau International des Poids et Mesures (BIPM) di Parigi. La definizione presenta però due gravi inconvenienti e pare che la celeberrima costante di Planck sia in corsa per la nuova definizione del chilogrammo. Leggete l'articolo per conoscere i dettagli:


"E' la costante di Planck ad aver conquistato la pole position nella corsa per la nuova definizione del chilogrammo, l'unità di misura della massa secondo il Sistema internazionale delle unità di misura, che il Bureau International des Poids et Mesures (BIPM) ha in programma di stabilire nel 2018.
O per lo meno, è quanto si può concludere da un articolo su "Review of Scientific Instruments" che descrive le prestazioni di un'apparecchiatura - una sofisticata bilancia di Watt, chiamata NIST-4 - messa a punto dai ricercatori del National Institute of Standards and Technology (NIST) a Gaithersburg, in Maryland."
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Dal blog Zibaldone Scientifico

Sono andata a recuperare, dall'archivio dello Zibaldone Scientifico, un articolo di Mauro Merlotti, attratta dal titolo "Attraverso lo specchio" e dall'incipit, elementi che mi hanno invogliata a proseguire nella lettura e ad esserne catturata. Non anticipo altro e riporto uno stralcio dell'articolo, certa di solleticare la vostra curiosità:
"Oggi parlerò di un posto dove nessuno è mai stato, in qualche modo ai confini della realtà, anzi oltre.Malgrado non avessi ancora letto “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” quando avevo all’incirca dieci anni, mi capitava spesso di pensare queste stesse cose e di fantasticare se ci fosse “veramente” qualche cosa dall’altra parte e se fosse esistito un modo di passare dall’altra parte. La spiegazione che mi davo era che se si tentava di far passare qualche cosa dall’altra parte l’oggetto speculare ostacolava sempre il passaggio…Come in Alice oltre lo specchio, quello che volevo capire era fino a dove si poteva “vedere” e quanto fosse “reale” quello che stava dall’altra parte.Ma il concetto principale è capire che esiste una sorta di “indeterminazione”:..."
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L'eccitazione di un liquido di spin su una struttura a nido d'ape con neutroni.
Crediti: Università di Cambridge

Quanti sono gli stati della materia? Un alunno medio della scuola secondaria di 1° grado risponderebbe che sono tre: solido, liquido e gassoso. Un alunno dello stesso grado scolastico sopra la media aggiungerebbe un quarto stato ovvero quello del plasma, che nell'Universo costituisce più del 99% della materia conosciuta. Ma, in realtà, avendo la materia numerose possibilità di organizzarsi, esistono molti altri stati, che si presentano sotto particolari condizioni di temperatura e pressione.

Silvia Reginato presenta su Aula di Scienze della Zanichelli un nuovo stato della materia: il quantum spin liquidIl 4 aprile 2016, viene confermata dai fisici del Oak Ridge National Laboratory, sulla rivista Nature Materials, la prima evidenza sperimentale di questo stato nel cloruro di rutenio in forma bidimensionale. Il 5 aprile scorso, ne avevo parlato anch'io su Google plus, ma adesso concentriamoci sull'incipit del citato articolo:
"Era stato previsto oltre 40 anni fa dal premio Nobel Philip Anderson, ma mai osservato prima. Si tratta del quantum spin liquid, un nuovo stato della materia la cui esistenza era stata ipotizzata per alcuni materiali magnetici, ma finora mai provata sperimentalmente. Ora una team internazionale di ricercatori è riuscito nell’impresa di individuarlo in un materiale bidimensionale simile al grafene, aprendo la strada verso nuovi sviluppi dell’informatica quantistica.
Una zuppa frutto di fluttuazioni quantistiche
Quanti sono gli stati della materia? I più conosciuti ovviamente sono lo stato solido, liquido e gassoso, ma addentrandosi nel mondo della meccanica quantistica, oppure osando condizioni “estreme” di temperatura o pressione, ecco che compaiono altri stati, decisamente meno conosciuti. Lo stato superliquido, il plasma, lo stato colloidale, il condensato di Bose-Einstein: sono solo alcuni esempi delle numerose configurazioni che può assumere la materia. Dalle pagine di Nature Materials arriva la notizia della scoperta di un nuovo stato, il quantum spin liquid (QSL) o, per dirla all’italiana, il liquido quantistico di spin."
Personalmente tradurrei quantum spin liquid con liquido di spin quantistico, però. 


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Pauli e Jung, Dal blog Scienza e Musica

Wolfgang Pauli e Gustav Jung, due grandi menti che hanno lasciato altrettanto grandi contributi in due ambiti della conoscenza molto diversi tra loro: la fisica dei quanti il primo, il dominio della mente e della psiche il secondo. Quindi, qual è il nesso tra i due? Presto detto! L'ossessione di Pauli per il numero 137 legato alla costante di struttura fine, quantità adimensionale che ordina e governa la struttura della materia in generale. Riporto di seguito un corposo estratto da un lungo articolo di Leonardo Petrillo che analizza, sul suo blog Scienza e Musica, proprio gli elementi della collaborazione tra Pauli e Jung:
Una volta Wolfgang Pauli (1900-1958), grande fisico teorico austriaco, contributore dello sviluppo della Meccanica Quantistica nei primi decenni del XX secolo, asserì che se Dio gli avesse concesso di chiedergli qualsiasi cosa desiderasse, la sua prima domanda sarebbe stata: «Perché 137?».
Un suo collega, Abdus Salam (premio Nobel per la Fisica nel 1979), si divertì a immaginarsi una maliziosa conclusione di questa ipotetica storia.
Immaginò infatti che un giorno Pauli avesse davvero la possibilità di porre la sua domanda a Dio. Per rispondergli, la divinità prese un gessetto e cominciò, alla lavagna, a illustrare il perché la costante di struttura fine dovesse valere proprio 1/137. Dopo qualche istante Pauli scosse la testa, esclamando un profondo "No" e facendo notare a Dio l'errore che aveva compiuto!
Di costante di struttura fine abbiamo parlato qui, ricordiamo tuttavia brevemente che si tratta di una costante adimensionale, introdotta da Arnold Sommerfeld nel 1916, derivante da altre importanti costanti della fisica e che risulta fondamentale per descrivere la velocità con cui si muovono gli elettroni attorno al nucleo di un atomo, sul primo orbitale (ricordiamo che trattasi della regione di spazio attorno al nucleo atomico ove la possibilità di trovare un elettrone è massima).
A detta di Max Born, in "The Mysterious Number 137", articolo pubblicato nei "Proceedings of the Indian Academy of Sciences" nel 1935, la costante «Ha le conseguenze più fondamentali per la struttura della materia in generale».
Tale costante, indicata generalmente mediante la lettera greca
α, va quindi a definire la scala degli oggetti naturali: le dimensioni degli atomi e di tutte le cose che sono costituite da atomi, l'intensità e i colori della luce, l'intensità delle forze elettromagnetiche.
In sostanza, controlla e ordina tutto ciò che vediamo.
La costante di struttura fine è di fondamentale importanza anche per quanto concerne il principio antropico (di cui abbiamo parlato approfonditamente in un post visualizzabile cliccando qui).
Infatti, il suddetto parametro adimensionale è determinante nel far sì che l'Universo si presenti così com'è, ossia in grado, tra le altre cose, di ospitare forme di vita.
Una leggera variazione (del 10-20%) dal suo valore noto basterebbe infatti a influenzare in modo rilevante le leggi fisiche che governano l'Universo, in quanto si avrebbero cambiamenti nei rapporti tra le forze attrattive e repulsive tra le particelle elementari, con conseguenze dirette sulla costituzione della materia e sull'attività stellare.
Insomma, questo 137 è un numero che ha affascinato e continua ad affascinare i fisici.
Julian Schwinger, uno dei padri dell'elettrodinamica quantistica (in breve QED), ha addirittura inserito il 137 nella targa personalizzata della sua auto sportiva!
Richard Feynman, nel favoloso libro divulgativo intitolato QED, scrive a proposito della costante:
"Questo numero costituisce un vero rompicapo fin da quando fu scoperto, e tutti i migliori fisici teorici lo tengono incorniciato e appeso al muro e ogni giorno ci meditano su. Vi chiederete subito da dove venga questo valore: è connesso a π, o magari alla base dei logaritmi naturali? Nessuno lo sa. È  uno dei più enigmatici enigmi della fisica, un numero magico che ci viene offerto nel mistero più assoluto. Si potrebbe quasi dire che a scrivere questo numero sia stata la «mano di Dio» e che noi «non sappiamo come Egli abbia mosso la sua matita». Sappiamo perfettamente che cosa fare sperimentalmente per avere una misura accuratissima di questo valore, ma non sappiamo che arzigogolo inventare per farlo venir fuori da un calcolatore, senza avercelo messo dentro di nascosto!"
In un primo momento sembrava che Pauli fosse rimasto indifferente al mistero che avvolgeva il numero 137, tuttavia nel febbraio 1934 scrisse a Heisenberg che il problema chiave era "sistemare [1/137] e l'“atomistica” della carica elettrica".
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Da Fisici senza palestra

Dai simpaticoni Fisici senza palestra un articolo dal titolo curioso quanto intrigante, firmato da Raffaele Farinaro: "Gatti e fisica (e la fisica dei gatti)"... sì perché di gatto non c'è solo quello di Schrödinger! Leggere per credere! Intanto, gustatevi l'incipit...a partire da quel "con la razza animale" eheheheh:
"Chi mi conosce sa benissimo il rapporto distaccato che intrattengo con la razza animale, ci rispettiamo vicendevolmente senza bisogno di interagire con ridicoli falsetti o guanti raccogli-pupù. Indipendentemente dalla mia relazione conflittuale, c’è qualcosa nei felini che mi ha sempre incantato, l’eleganza probabilmente: quella camminata superba e quell’agilità che noi bipedi sogniamo soltanto. In particolare con i gatti condivido la passione per la fisica anche se, evidentemente loro la conoscono molto meglio di quanto io possa immaginare.
Gli egizi, che ci hanno sempre visto lungo, consideravano il gatto un animale sacro, tanto che da sceglierlo per rappresentare Bastet, un’antica divinità, di norma raffigurata con corpo di donna e testa di gatto (1); tra l’altro, in caso di incendio il gatto aveva la priorità di essere portato in salvo prima di ogni membro della famiglia, e in caso di morte riceveva un funerale ed una sepoltura con tanto di ciotola riempita di latte perché, non si sa mai, magari nell’Aldilà non è buono.Successivamente sono arrivati i cristiani e vade retro paganesimo: gatto=male, ma gatto_nero=malissimo, e quindi perché non bruciarli assieme alle “streghe”?Sì, il mondo faceva schifo anche ieri Billy.
Ma lasciamo perdere lo stupido homo sapiens e tuffiamoci nel mondo della rassicurante ed accogliente fisica: affronterò quattro argomenti diversi, vediamo di fare in fretta."
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Dal blog di Stefano Marcellini

E, infine, uno dei bellissimi articoli di Helter Skelter. L'autore Stefano Marcellini, ricercatore nel campo della fisica delle particelle elementari, ci fa riflettere sul fatto che, se Galileo- nel suo tentativo di misurare la velocità della luce- avesse avuto il microonde, invece di prendere un amico (fidato per carità), due lanterne (con il pericolo di incendio che ne poteva conseguire) e due teli, sarebbe sicuramente riuscito nel suo intento. Ah la tecnologia! Oggi, grazie ad essa, ciascuno di noi, volendo, può misurare la velocità della luce in cucinacon il microonde appunto!

Segue, il classico incipit dell'articolo:
"Tra le tante cose che ha fatto Galileo Galilei, oltre a inventare la scienza, c'è quella di aver cercato di misurare la velocità della luce. Doveva aver già subodorato che andava veloce (la convinzione comune all'epoca era che la sua velocità fosse infinita) ma ciò nonostante gli venne comunque la curiosità di misurare quanto veloce andasse. Segno che nessuno ci aveva mai provato, come spesso accadeva all'epoca, in cui si fornivano spiegazioni ai fenomeni naturali senza poi prendersi la briga di controllare se fossero vere o magari assurdamente sbagliate. Che è poi la stessa cosa che fanno oggi le pseudoscienze: riempono siti web di teorie su teorie, senza mai controllare se sono vere.
Galileo invece prese un amico, due lanterne, e due teli. L'amico lo scelse tra quelli che avevano i riflessi buoni, vedremo tra poco perché. Si mise su una collina con la lanterna coperta dal telo (stando attento a non prendere fuoco; questo i biografi non lo dicono, ma mi sento di aggiungerlo come contributo personale alla storia del grande scienziato pisano). Spedì l'amico su una collina  distante con l'altra lanterna, posizionandolo in modo che comunque potevano vedersi a vicenda, e gli chiese di tenere la lanterna coperta (stando sempre attento a non prendere fuoco).
Poi ad un certo punto Galileo (vedi nota a piè pagina) scopriva la lanterna, e la luce diventava libera di viaggiare in direzione dell'amico, che essendo stato scelto particolarmente sveglio, non appena vedeva la luce della lanterna che lo scienziato aveva scoperto, doveva, velocissimo, scoprire la sua, la cui luce sarebbe ritornata verso Galileo."

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Finisce qui la 15esima puntata del (non) Carnevale della Fisica. La 16esima la troverete su Dropsea di Gianluigi Filippelli, l'ultima domenica di luglio. Ah, se avete voglia di candidarvi come ospiti delle prossime puntate, è sufficiente che ce lo facciate sapere (a me o a Gianluigi)...dove volete: sui rispettivi blog, su Google plus, su Twitter o semplicemente tramite le rispettive email, che trovate da qualche parte sui blog dei proprietari (ovvero io e Gian).
Vabbé per fare prima e per sudare un pelino in meno, dato il caldo inclemente del momento, ecco qui i due indirizzi di posta elettronica:

► annaritar5@gmail.com
► gianluigi.ulaula@gmail.com

Per i nuovi o semplicemente per quanti volessero sapere come è nato il (non) carnevale della fisica: date un'occhiata qui.


8 commenti:

  1. E' un piacere essere citati! Bellissima idea :D

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    1. Citazione meritatissima. Complimenti per il progetto di divulgazione scientifica. ☺

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  2. Una interessantissima rassegna come sempre. Grazie della scorpacciata di fisica.
    Come va, Annarita? Tutto bene?

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    1. Ciao, Arte, grazie a te dell'apprezzamento!
      Sì, tutto bene. Non mi posso lamentare.
      Mi auguro sia tutto ok anche per te.
      Salutoni! ☺

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  3. Ciao, Annarita! Finalmente il Carnevale della Fisica, anzi il (non) Carnevale della Fisica...che poi è il vero Carnevale della Fisica, diciamolo chiaramente!
    Una bella kermesse con tante novità e new entry nei link che hai selezionato.
    Eccezionale il tuo post sulle onde gravitazionali, che mi ero perso a suo tempo. Mi riferisco a "Onda su onda...lo spazio tempo vibra". Un vero capolavoro di divulgazione scientifica.

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    1. Piacere di risentirti Ruben. Troppo buono, non esagerare!
      In effetti, ho inserito dei nuovi blog che ho scoperto di recente e che, a mio parere, meritano!

      Ciao. A presto!

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  4. Complimenti,veramente complimenti per i contenuti e le rispettive presentazioni!!!!

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