sabato 27 aprile 2013

L’Alba Della Fisica Nucleare: Il Ruolo Delle Donne

E', oggi, risaputo che le donne hanno offerto alla Scienza un contributo più grande di quel che in genere si pensa. A tal proposito, dallo studio di Sandra Tugnoli Pattaro, A proposito delle donne nella scienza, emerge che la maggior parte delle scienziate sono rimaste nell'ombra, lavorando per padri, fratelli, mariti, assurti poi ai fasti della notorietà.

Le donne scienziate del passato non venivano quasi mai citate nei documenti ufficiali né in pubblicazioni scientifiche. I loro nomi sono quindi scomparsi, come se non fossero mai esistite. Questa pratica era ancora diffusa all'inizio del Novecento.
Ancora oggi la scienza è fortemente dominata dalla presenza maschile, soprattutto in alcuni campi quali la fisica teorica. In altri campi, invece, come quello biomedico, il numero delle scienziate è in progressivo aumento (rapporto della Commissione Europea, Science policies in the European Union, Research Directorate-General, ETAN Expert Working Group on Women and Science, 2000).


Fino alla metà del secolo scorso, ci sono state pochissime donne scienziate e molte di queste sono state ignorate e considerate inferiori se non addirittura perseguitate!

Questo breve articolo ha lo scopo di fornire un contesto storico per il ruolo che alcune scienziate hanno avuto nelle fasi iniziali della fisica nucleare e nella sua storia.


Molte delle scoperte più importanti, a cominciare dalla radioattività, sono infatti da attribuirsi a donne, e  tale realtà sarà evidenziata  nella narrazione seguente, che illustra come un numero relativamente elevato di scienziate, dedite alla ricerca nella prima parte del  XX secolo, ha lavorato nel campo della fisica nucleare.
 

Nel 1896, il francese Antoine  Henri Becquerel (Parigi, 15 dicembre 1852 – Le Croisic, 25 agosto 1908, Nobel per la fisica 1903), all’epoca dedito allo studio delle radiazioni emesse dai materiali fosforescenti, incuriosito dall’allora recente scoperta dei raggi X da parte di Roentgen, volle investigare circa la presenza di tali radiazioni nei sali di Uranio. Beh, quando si dice la fortuna, Becquerel scoprì che questi sali emettevano una nuova forma di radiazione, diversa e  dalla luce fosforescente e  dai raggi X, che chiamò raggi uranici

Nasceva l’ambito della fisica nucleare.

Mentre Becquerel continuava  a fare ricerca in fisica atomica,


Marie klodowska Curie (leggere l’articolo di Scientificando Manya, passione radioattiva”), moglie del suo collega Pierre Curie, si 

interessò alla scoperta dei raggi uranici e cominciò ad indagare in modo sistematico. Poco dopo, il marito la coadiuvò  nella ricerca.


I loro studi li portarono a proporre che la radiazione era emessa da singoli atomi. Queste idee, basate sulla teoria non ancora pienamente confermata della struttura atomica degli elementi, fecero loro scoprire due nuovi elementi, Polonio e Radio, che si comportavano come l’Uranio.  Marie coniò il termine “radioattività” per indicare la proprietà  evidenziata da diversi elementi chimici di emettere spontaneamente  radiazioni.
 
Nel 1903 condivise il Premio Nobel per la Fisica con il marito Pierre "in riconoscimento degli straordinari servizi che ha reso con la sua scoperta della radioattività spontanea".


Qualche anno dopo, Ernest Rutherford e Frederick Soddy scoprirono che sostanze come Uranio e Torio radioattivo trasmutavano naturalmente in altri elementi. Al momento della scoperta di Becquerel, c'erano ancora 15 vuoti nella tavola periodica, la maggior parte dei quali sono stati colmati, principalmente dalla scoperta di sostanze radioattive naturali, ed anche dai gas rari.
Nel 1920, c’erano soltanto sei elementi mancanti nella tavola periodica, che a quel tempo  terminava  con l'uranio (Z = 92). Tutti e sei furono trovati nel corso dei  successivi 30 anni. Tre furono le donne,  che rivestirono  un ruolo di primo piano nella scoperta degli elementi mancanti: Berta Karlik, Ida Noddack, e Marguerite Perey



Fu anche dimostrato che ci sono tre tipi di radiazioni: alfa, beta (entrambe scoperte da Rutherford) e gamma. Queste radiazioni  hanno poteri penetranti molto diversi: i raggi alfa possono essere fermati da uno spesso foglio di carta, i raggi  beta possono attraversare un foglio di metallo, mentre i raggi gamma sono ancora più penetranti.
Ci sarebbero voluti diversi decenni prima che la dettagliata natura della radioattività fosse  pienamente compresa dai fisici.

Harriet Brooks, una  dottoranda di Rutherford nei primi giorni, scoprì un effetto che successivamente fu identificato come “rinculo nucleare”,  conseguente all’emissione di radiazioni.

Più precisamente il rinculo nucleare è il movimento effettuato da un nucleo atomico bersaglio, a causa dell'assorbimento di quantità di moto a seguito di un urto con una particella incidente, ed  è anche il movimento assunto da un nucleo a seguito dell'emissione di una particella o di radiazione elettromagnetica.

Rutherford trovò che una certa frazione di una sostanza radioattiva decade in un dato intervallo di tempo. Ciò significa che la quantità originale decade esponenzialmente con il tempo:  il tempo necessario alla metà della sostanza per decadere è nota come “emivita”. Per  ciascun decadimento radioattivo, vi è una caratteristica emivita,

Fanny Gates
che Fanny Cook Gates (insieme ad altri) verificò essere piuttosto indipendente dalle proprietà termiche e chimiche  della sostanza radioattiva. Si apprese, infine,  che i raggi alfa sono solo atomi di elio privi di elettroni, contenenti due unità di cariche positive ciascuno. Ciò significa che quando è emesso un raggio alfa, il numero atomico Z dell'atomo diminuisce di due unità, e l'atomo si trasmuta in un altro atomo che si trova due gradini più giù nella Tavola Periodica.

Un'osservazione di angoli di backscattering (retrodiffusione o radiazione di ritorno), quando le particelle alfa, colpivano una sottile lamina d'oro condusse Rutherford, nel 1911, a formulare il quadro teorico dell'atomo. L’atomo di Rutherford era costituito da un piccolo nucleo pesante, formato da Z cariche positive e da A-Z  coppie neutre legate di cariche positive e negative, circondato da una sfera di  Z elettroni uniformemente distribuiti. L'elettrone come portatore di carica negativa era già noto sin dal 1898. La scoperta del nucleo atomico avrebbe avuto un impatto di vasta portata non solo in fisica, ma anche in guerra e in politica.

Il modello nucleare di Rutherford ha indicato la strada al nuovo ambito della fisica moderna, ma è stato Niels Bohr, che a quel tempo lavorava con Rutherford, ad aprirne la porta. Nel 1913, egli  costruì un modello dinamico dell’atomo di idrogeno con un elettrone in moto intorno ad un nucleo di idrogeno (che in seguito acquisì il nome di protone) su orbite stabili, chiamate stati stazionari. Consentendo all'elettrone di emettere luce soltanto quando esso salta tra gli stati stazionari, Bohr fu in grado di spiegare le energie note di luce, emessa dagli atomi di idrogeno eccitati. Il modello di Bohr fu presto sviluppato, da altri, in una formulazione matematica chiamata Meccanica Quantistica. La Meccanica Quantistica e la Teoria della relatività di Albert Einstein forniscono la base concettuale per la descrizione teorica di tutti i fenomeni fisici a noi noti, oggi.

Uno dei primi successi della meccanica quantistica è stata la sua spiegazione del decadimento alfa. Era noto da tempo che l’emivita  del decadimento alfa dipende in modo sensibile dall’energia di decadimento. Il raddoppio dell'energia di decadimento, da 4 a 8 MeV, fa diminuire l’emivita da 10^10 anni a 10^-2 secondi, un cambiamento di un fattore pari a  10^-19!

Questa dipendenza energetica estrema veniva  finalmente spiegata nel 1928 da Gamow, e indipendentemente da Gurney e Condon, come un fenomeno di Meccanica Quantistica. La particella alfa, tenuta  all'interno del nucleo da una barriera di potenziale, causato dalle cariche nucleari positive, non può superare tale barriera, secondo la Meccanica classica. Tuttavia, la Meccanica Quantistica consente alla particella alfa di attraversare, per effetto tunnel, la barriera, con un tempo di dimezzamento  energia-dipendente coerente con l'esperimento.
In definitiva, l'effetto tunnel è un effetto quanto-meccanico che permette una transizione ad uno stato impedito dalla meccanica classica.

Un anno dopo la scoperta dell'elettrone nel 1898, i raggi beta risultarono essere pure elettroni, ma di velocità molto elevata, non molto più piccola della velocità della luce. Quando un raggio beta  viene emesso, il numero atomico aumenta di una unità. Soltanto  quando Bohr costruì il suo modello atomico, nel 1913, divenne  evidente che le energie dei raggi beta erano troppo elevate per essere di origine atomica, e che questi elettroni dovevano provenire dal nucleo. I raggi gamma sono molto più energetici dei raggi X  atomici e, per la stessa ragione, devono essere di origine nucleare, ma, come i raggi X, essi sono versioni più energetiche di radiazione luminosa.


È risaputo che la storia della fisica nucleare delle origini riservò diverse sorprese, la cui risoluzione portò a rapidi progressi. D'altra parte, fino al 1932 pochi furono i progressi nella comprensione della struttura interna dei nuclei atomici. Si dette, infatti,  per scontato che i nuclei fossero  composti da protoni ed elettroni, le uniche particelle note all’epoca. Solo quando fu scoperto il neutrone (nel 1932), i fisici iniziarono a comprendere  la  struttura nucleare.



Maria Goeppert Mayer

La scoperta del neutrone inaugurò  l’ambito  della moderna fisica nucleare, dove i nuclei sono considerati come composti da neutroni e protoni. Oggi consideriamo la fisica della struttura nucleare secondo il modello nucleare a shell, scoperto nel 1949 da Maria Goeppert Mayer, fisica tedesca naturalizzata statunitense, premio Nobel per la fisica nel 1963 assieme a J. Hans D. Jensen per aver proposto tale modello del nucleo. (Consultare il post dedicato da Scientificando a Maria Goeppert Mayer).

Un'altra grande scoperta in fisica nucleare era avvenuta  dieci anni prima, nel 1938, quando Otto Hahn, Lise Meitner e Fritz Strassman scoprirono la fissione nucleare. Più precisamente,  la straordinaria Meitner  fornì la spiegazione teorica della prima fissione nucleare, riuscita a Otto Hahn nel 1938. 


Questi i fatti.

Il 19 dicembre del 1938, Hahn, nella corrispondenza con la Meitner (Lise si era
Lise Meitner nel 1900
rifugiata in Svezia per sfuggire ai nazisti, essendo di origini ebraiche), le descrisse uno strano fenomeno che aveva scoperto insieme al suo giovane collega Fritz Strassmann, irradiando nuclei di uranio con neutroni lenti per esaminarne i prodotti risultanti, e che, in quella lettera, aveva definito come "scoppiare" (»Zerplatzen«):

"...Forse lei riuscirebbe a suggerire una qualche soluzione fuori dall'ordinario. È chiaro che (l'uranio) non può scomporsi in nuclei di bario (...), provi quindi a pensare a un'altra possibilità. Isotopo di bario dal peso atomico molto superiore a 137? Se ha una qualche idea pubblicabile, tutti e tre noi figureremmo insieme in questo lavoro."
In un primo tempo, anche Lise fu altrettanto sconcertata da quei risultati:
"I vostri risultati sono davvero sorprendenti: un procedimento che usa neutroni lenti e dà come risultato il bario! (...) Credo che per il momento l'ipotesi di una rottura tanto estesa sia difficile da accettare, ma la fisica nucleare ci ha riservato tante di quelle sorprese che di niente si può dire con certezza: “impossibile”."
Due mesi dopo, l'11 febbraio 1939, Lise Meitner pubblicò insieme a suo nipote Otto Robert Frisch sulla rivista Nature, un articolo in forma di lettera di sole due pagine intitolato Disintegration of Uranium by Neutrons: a New Type of Nuclear Reaction (Nature, 143, 239-240), nel quale si ponevano le basi teoriche per lo sviluppo della fissione nucleare. 
Otto Hahn ricevette nel 1944 il premio Nobel per la chimica, mentre di Lise Meitner non venne tenuto conto. Il fatto non desta meraviglia…ma indignazione sì!


La Meitner  lasciò  altri notevoli contributi, tra cui la conferma di un importante paradosso nello studio dei raggi beta (oggi radiazioni beta).  In tale ambito di indagine, si riscontrò infatti che gli elettroni emessi durante il decadimento beta, a differenza dei  raggi alfa (oggi radiazioni alfa) o dei raggi gamma (oggi radiazioni gamma), non  avevano  una energia definita, ma una diffusione continua, o spettro, di energie. Il paradosso consisteva nell’evidenza  che il rilascio di energia media, come misurato in un calorimetro, era decisamente inferiore all'energia massima dell'elettrone, cioè la differenza di energia tra nucleo iniziale e finale. Cosa era successo al resto dell'energia? Il paradosso fu in primo luogo evidenziato da Chadwick (premio Nobel per la Fisica nel 1935 per la scoperta del neutrone) e Ellis, e poi confermato da Lise Meitner e W. Orthmann.

Wolfgang  Pauli propose successivamente che il disavanzo, tra le energie massime e quelle  reali degli elettroni emessi, fosse  portato via da una nuova particella che chiamò neutrino. Questo postulato fu  rapidamente accettato quando Fermi riuscì a spiegare lo spettro  continuo del decadimento beta* con il suo aiuto. 


Tuttavia, le prove sperimentali  per i neutrini non furono ottenute fino al 1956, anno in cui Frederick Reines e Clyde Cowan misero a punto l’esperimento del neutrino.
 

L'emissione di raggi beta da nuclei, cioè il decadimento beta, è un processo
Wu Chien Shiung
causato da un  tipo di interazione chiamato interazione debole. Gli studi sul decadimento debole nei processi nucleari e subnucleari portarono, infine, TD Lee e CN Yang a suggerire che le interazioni deboli violano la parità, vale a dire l'idea che le riflessioni speculari di alcuni fenomeni fisici non esistono in natura.


Tale radicale proposta fu  confermata sperimentalmente nel 1957 dalla fisica Wu Chien Shiung, che fu tra le prime donne ad occupare un posto di rilievo nel panorama della fisica mondiale del Novecento.

Finisce qui questo breve racconto, non esaustivo, sul ruolo delle donne nell'ambito della Fisica Nucleare, agli albori della sua storia, ma continua l'impegno al femminile a favore della Fisica e della Scienza in generale.
 



*****



Fonti:
Wikipedia It  ed En
M. Mladjenovic, The History of Early Nuclear Physics (1896-1931), World Scientific, Singapore, 1991
E. Segre, From X-Rays to Quarks,  W.A. Freeman &Co, San Francisco, 1980
A. Pais, Inward Bound,  Clarendon Press, Oxford, 1986.


Le immagini sono tratte da Wikipedia e dalla rete; alcune sono state "lavorate" e assemblate da me.
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*Il decadimento beta è un tipo di decadimento radioattivo in cui vengono emessi elettroni con uno spettro continuo di energia. All'epoca, tra gli aspetti più oscuri della faccenda c'era la difficoltà di spiegare l'apparente violazione del principio di conservazione dell'energia connesso a questo fenomeno. Grazie alla scoperta del neutrone nel 1932 ad opera di Chadwick, si riuscì a far chiarezza sul processo di decadimento e pochi anni più tardi, Enrico Fermi e Wolfgang Pauli postularono indipendentemente l'esistenza di una nuova particella (il neutrino) che attraverso il computo delle energie in gioco, permettesse al processo di non violare il principio di conservazione

10 commenti:

  1. E' incredibile come il maschilismo imperante abbia disconosciuto il ruolo delle donne anche in questo settore. Quasi come se si trattasse di pericolose avversarie e non di benemerite della scienza e della civiltà. Le lotte contro le dicriminazioni e per le pari opportunità devono esser portate avanti ancor oggi perchè i diritti e le posizioni acquisite vanno difese giorno per giorno. Un salutone, Fabio

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    1. Purtroppo è un modo di pensare atavico, duro da sradicare. Le motivazioni sottese sono varie.

      Grazie di aver espresso il tuo pensiero al riguardo.

      Un salutone
      Annarita

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  2. Splendido ed interessantissimo post che rende giustizia alle tante donne, che hanno contribuito in modo fondamentale al progresso scientifico.

    Grazie, Annarita, di questa lettura coinvolgente che è anche un documento prezioso.

    Arte

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    Risposte
    1. Grazie a te, Arte. Ci si sente poco, ma non manchi mai negli appuntamenti che sono importanti...almeno per me:)

      Buona fine di anno scolastico, ormai;)

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  3. Concordo con chi ha commentato prima di me sia per quanto riguarda bellezza ed interesse di questo post, sia per quanto riguarda l'assurdità del maschilismo (e non solo in campo scientifico).
    Sono convinto che poco ancora si faccia per far conoscere le figure femminili che hanno contribuito enormemente alla scienza, ma, in generale, alla conoscenza oggi in nostro possesso. Ed è soprattutto per questo che ho davvero apprezzato il tuo articolo, perché, come tu scrivi:
    "emerge che la maggior parte delle scienziate sono rimaste nell'ombra, lavorando per padri, fratelli, mariti, assurti poi ai fasti della notorietà".
    Ora, si può anche far a meno della notorietà, ma non del merito, anche perché, se il merito fosse pubblicamente riconosciuto, nessuno avrebbe più dubbi sull'assurdità di dividere "cose e conoscenza" in base al sesso.

    Articolo assolutamente da far leggere a tutti coloro che pensano che il termine "maschio" sia un complimento.

    Un salutone
    Marco

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    Risposte
    1. Hai perfettamente ragione, Marco! Non si fa ancora abbastanza per far emergere dall'oblio i fondamentali contributi offerti dalle donne in ogni ambito della conoscenza. La mentalità è dura a morire.

      Mi auguro che le future generazioni riescano a fare di meglio!

      Un salutone.
      Annarita

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  4. Un articolo straordinario. Ogni volta che leggo le storie di donne scienziate o artiste vengo colta da rabbia per le profonde intollerabili ingiustizie che hanno subito allora e che subiscono ancor oggi. Intorno alle grandi donne quasi immediatamente si forma l'implacabile tela dell'oblio dalle quali è difficilissimo farle riemergere. I libri di storia dlla scienza come quelli di storia dell'arte le ignorano, dedicando loro qualche capitoletto ben separato quasi fossero solo amene curiosità.
    Proporrò il tuo articolo nelle mie classi.
    Come sempre grazie
    margherita

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    Risposte
    1. Grazie, Margherita, per proporre ai tuoi ragazzi l'articolo. Occorre supplire in ogni modo alle volute carenze informative riguardo a questo spinoso argomento.

      Mi auguro che qualcosa posso cambiare in futuro.

      Un salutone
      Annarita

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  5. Un post corposo e interessantissimo che mette in luce l'operato delle donne scienziate, lavoro non valorizzato in quanto l'uomo doveva avere un ruolo dominante. Se penso ad Ipazia, scienziata e filosofa, uccisa in quanto donna, dal secolo quattrocento al novecento non ci sono stati grossi cambiamenti di mentalità, la donna doveva avere una figura di secondo piano.
    Il tuo articolo ricco di riferimenti e ricerche ci porta a conoscenza di quelle donne che hanno contribuito alle varie scoperte scientifiche, un lavoro il tuo davvero esemplare, grazie infinite cara Annarita.

    Ti lascio un abbraccio domenicale
    annamaria

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    Risposte
    1. Cara Annamaria, scusa il ritardo nella risposta. Pensavo di averlo già fatto!!!

      Ti ringrazio per il gradito e significativo commento.

      Un abbraccione
      Annarita

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